Come e' noto, spetta al datore di lavoro fornire al dipendente adeguati dispositivi di protezione individuale.
La nozione legale di Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.) non deve essere intesa come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate, ma, in conformità alla giurisprudenza di legittimità, va riferita a qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva, sia pure ridotta o limitata, rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, in conformità con l'art. 2087 c.c., norma di chiusura del sistema di prevenzione degli infortuni e malattie professionali, suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute, sia dei principi di correttezza e buona fede, cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro (cfr. Cass. n. 33133/2019).
Nella medesima ottica, con un pronunciamento che assume oggi una particolare attualità, la Suprema Corte ha confermato che il datore di lavoro è tenuto a fornire i suddetti indumenti ai dipendenti e a garantirne l'idoneità a prevenire l'insorgenza e il diffondersi di infezioni, provvedendo al relativo lavaggio, che è indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza e che, pertanto, rientra tra le misure necessarie "per la sicurezza e la salute dei lavoratori", che il datore di lavoro è tenuto ad adottare ai sensi del d.lg. n. 626 del 1994, art. 4, comma 5 e s.m.i. (cfr. Cass. n. 33133/2019).
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