Diritto civile

Ciclista caduto in pieno giorno a causa di una buca stradale ben percepibile: ente proprietario comunque tenuto al risarcimento (Cass. civ., sez. III, ord., 2 maggio 2022, n. 13729)

La pronuncia in esame riguarda il caso di uno sventurato ciclista caduta in pieno giorno a causa di una buca di grandi dimensioni e, come tale, più facilmente percepibile dal danneggiato.

In primo grado, il Tribunale adito, espletate le prove per testi, rigettava la domanda, sostenendo che, pur essendo stato provato il nesso causale tra l'avvallamento e la caduta, quest'ultima doveva ascriversi al caso fortuito, coincidente con la condotta negligente del danneggiato, essendo la presenza di sconnessioni su una strada extraurbana una situazione non eccezionale e quindi prevedibile dall'utente.

La Corte d'Appello, adita dal ciclista, rigettava l'appello, confermando, per quanto ancora qui di interesse, che, dovendosi sussumere la fattispecie sotto l'art. 2051 c.c., la condotta del danneggiato aveva avuto efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento, integrando il fortuito, considerate le circostanze di tempo (h 13,20 di un giorno d'estate) e di luogo (strada con avvallamenti assolutamente evidenti) e la circostanza che il danneggiato fosse alla guida di una bicicletta da corsa, il che gli avrebbe richiesto una particolare prudenza.

Il ciclista danneggiato proponeva quindi ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo che veniva accolto dalla Suprema Corte con la pronuncia in commento che, correttamente, conferma come “il danneggiato deve limitarsi a provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, spettando al custode la prova cd. liberatoria mediante dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia avente impulso causale autonomo e carattere di assoluta imprevedibilità ed eccezionalità”.

Gli Ermellini giungono alla predetta conclusione, ravvisando quindi la responsabilità del proprietario della strada quale custolde, alla luce del seguente logico e ben argomentato percorso motivazionale:

“(…) Ritenuto che: 1. Con l'unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, 1.1 Il ricorso è fondato. A seguito delle pronunce che vengono di seguito citate, questa Suprema Corte ha rivalorizzato l'obbligo di custodia ponendo a carico del custode la prova del fortuito in termini più rigorosi che in passato.

Si consideri Cass., 6-3 ord. 23 gennaio 2019 n. 1725, secondo la quale il custode comunque deve predisporre quanto necessario per prevenire danni attinenti alla cosa custodita; il caso fortuito, pertanto, sarà integrato dalla condotta del terzo o del danneggiato soltanto se si traduca in una alterazione imprevista e imprevedibile dello stato della cosa.

A sua volta Cass., 3, ord. 29 gennaio 2019 n. 2345 rileva che è necessario tenere conto della natura della cosa per cui quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa, quanto di più il possibile pericolo è prevedibile e superabile dal danneggiato con normali cautele, e quindi quanto più è l'efficienza causale della sua condotta imprudente che giunge, eventualmente, a interrompere il nesso causale tra la cosa e il danno ovvero a espungere la responsabilità del custode.

Cass., 3, ord. 12 maggio 2020 n. 8811 rileva ancora che la responsabilità ex art. 2051 c.c., impone al custode, presunto responsabile, di provare l'esistenza del caso fortuito, considerato comunque che i suoi obblighi di vigilanza, controllo e diligenza gli impongono di adottare tutte le misure idonee per prevenire e impedire la produzione di danni a terzi.

Cass., 2, n. 456 del 2021 da ultimo conferma che il danneggiato deve limitarsi a provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, spettando al custode la prova cd. liberatoria mediante dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia avente impulso causale autonomo e carattere di assoluta imprevedibilità ed eccezionalità.

A questo indirizzo giurisprudenziale, cui il Collegio intende dare continuità, la sentenza non appare conforme in quanto la Corte di merito ha ritenuto che la condotta del danneggiato integrasse di per sé il caso fortuito perché l'avvallamento era percepibile per la sua dimensione e per l'orario in cui era avvenuto il sinistro.

Ciò non toglie che, alla luce appunto della giurisprudenza sopra indicata, il Comune avrebbe dovuto prevenire l'avvallamento certamente presente ed intrinsecamente pericoloso, non avendo provato che si fosse appena creato.

Ragionando diversamente, tutti i custodi di strade potrebbero permettersi di lasciarle non riparate a tempi indefiniti, ovvero astenersi dalla custodia, perché gli avvallamenti possono essere percepiti materialmente da chi passa nelle ore luminose del giorno, soltanto negli orari notturni "risorgendo" la custodia.

Si nota ad abundantiam che il giudice di merito non si è neppure avvalso del rilievo tipico della notevole precedente frequentazione del luogo - da parte del danneggiato - che lo rende ben noto a chi lo percorre”.

* * * * *

Sentenza tratta dalla Banca Dati Dejure-Giuffrè Francis Lefebvre che si ringrazia per la gentile disponibilità.

                                                                                                          Avv. Jacopo Alberghi

                                                                                                          Foro della Spezia